Tre libri di Giovanni Papini ancora validi nel 2025
Pubblicato su: ilbibliofolle.com
Data: 29 aprile 2025
Da un po’ di tempo si sta riparlando di Giovanni Papini. Soprattutto, si stanno ristampando i suoi racconti, amatissimi da Borges, per una certa vena fantastica del tutto peculiare.
Non mi stupisce che col suo individualismo, col suo essere controcorrente anche quando allineato – si pensi al suo rapporto con la legione dei Futuristi – oggi venga riscoperto. Alla fine, è il giro che fanno gli intellettuali scomodi: odiati, dimenticati, poi vengono riscoperti, ma non illudiamoci, solo tacitamente; tra gli scaffali delle librerie, sì, ma con vendite irrisorie. Tanto perché qualche editore e qualche divulgatore se ne facciano bandiera.
A me Papini, però, non so perché, è sempre piaciuto. Sarà per quel suo gusto alacre per la provocazione; ma sotto quella provocazione c’è sempre qualcosa, c’è del sale, e brucia. Non è gratuito. E, quindi, al di là delle bandiere politiche, andrebbe comunque riletto, da noi bibliomani (che ne ricerchiamo i volumetti) ma anche dagli altri, come un grande del ‘900.
Ecco, quindi, tre invettive di Papini. Avranno resistito alla polvere del tempo? Saranno valide anche per l’Italia del 2025?
1. Contro Roma: la critica al passatismo eterno contro roma Giovanni Papini

La più celebre invettiva papiniana. Recitata proprio a Roma durante una famosa serata futurista nel 1913. Alcune frasi, alcuni claim, quasi simil-pubblicitari contro il passatismo, l’archeologismo, quella puzza di antiquaria, difficile da rinnovare anche con le finestre aperte, che è tipica della capitale, penso non invecchieranno mai. E rileggendole, è difficile non aderirvi.
Come spesso accade con Papini, sotto il fuoco d’artificio, c’è di più, il vero bersaglio sono la religione, di cui Roma, anche la Roma borghesuccia di inizio ‘900, è epitome e centro, gli spiritualismi vari pret-a-porter o forse pret-a-manger (visto che stiamo a Roma, come un bel supplì e’n’ pezzo de pizza), ma soprattutto l’idealismo astratto, troppo astratto del Croce. Quest’ultima parte, sì, è invecchiata.
Oggi in chiesa non ci si va più e dello svuotamento delle navate in giro non frega molto; in più, lo spiritualismo “spezzatino” è regola assodata. Benedetto Croce dimenticato e sepolto anche lui; ce ne ricordiamo, qualcuno di noi, forse come storico e divulgatore.
«Roma è stata grande con le armi e l’amministrazione e mai colle arti e col pensiero» — Giovanni Papini
Nel 2025, tra il turismo di massa, le città ridotte a vetrine e una cultura che spesso celebra più il passato che il presente, questa invettiva continua a colpire nel segno.
2. Chiudiamo le scuole: la polemica contro l’istruzione formale chiudiamo le scuole! Giovanni Papini

A scanso di equivoci, nell’Olimpo del Bibliofolle, che lavora nella scuola, ad esempio, si erge la rampogna antiscolastica di “Chiudiamo le scuole”. Sì, perché il vero nemico di chi fa lezione a scuola è la Scuola stessa, quel facocero gigante di programmi _ che non esistono più da decenni, ma, senza, ci sentiamo perduti _ burocrazia asfissiante, credenza che la lezione sia lo sproloquio del professore. Il nemico di Papini, infatti, non è la scuola in sé; è la scuola come prigione del corpo e della mente. È la scuola «formale e tradizionalista». La scuola che trasmette il sapere e basta «e non adempie bene neppure a quest’ultimo ufficio».
Dov’è la realtà? Dov’è il contatto diretto con i grandi uomini che ci ispirano? Stando a scuola ho imparato che il nostro io docente, la nostra formalità, la nostra voglia di trasmettere come se avessimo davanti dei vasi da riempire, si devono rimpicciolire, lasciando spazio alla libertà, parola che ricorre spesso in “Chudiamo le scuole”. Libertà di insegnare e d’imparare, in altri modi, tanti quanti quelli delle teste che affollano l’aula. Quelle di Papini sono parole in cui mi rispecchio. E per paradosso andrebbero lette proprio lì. Nelle scuole.
La scuola secondo Papini «insegna male perché insegna a tutti le stesse cose nello stesso modo e nella stessa quantità non tenendo conto delle infinite diversità d’ingegno, di razza, di provenienza sociale, di età, di bisogni ecc.».
3. Le disgrazie del libro in Italia: un’amara fotografia ancora vera le disgrazie del libro in italia Giovanni Papini

Visti i dati sulla pirateria emersi qualche tempo fa, vi assicuro che è un libretto ancora valido. Vi basti leggere l’elenco dei sette modi che un italiano ha per non comprare un libro: chiederlo in omaggio, chiederlo in omaggio all’autore, farselo regalare da qualcuno, chiederlo in prestito a un amico e non restituirlo, prenderlo in prestito dalla biblioteca, rubarlo. Più che disgrazie son miserie.
Tanto più vere quando Papini si lamenta dei ricchi e della classe dirigente (“politicanti”), sono loro i parassiti analfabeti, non il proletariato, che, invece, andrebbe riacquistato al regno del libro, magari con una legge, magari con degli incentivi. Non vi sembra di sentire soluzioni odierne?
Quelle dei bonus cultura, quelle di una legge del libro che viene richiesta da anni da librerie ed editori e non si vede mai all’orizzonte? Del resto, le miserie borghesi di cui si lamenta Papini, quelle delle case con le librerie vuote o con pochi libri bandiera o feticcio, poco o per nulla letti, le abbiamo viste anche noi, e forse ne abbiamo viste anche le conseguenze.
Lettura amara, quindi, ma proprio per questo necessaria.
Perché leggere oggi le invettive di Papini
Rileggere Papini non significa solo sfogliare qualche pagina d’epoca: vuol dire confrontarsi con una voce che ancora oggi ci mette di fronte alle nostre contraddizioni. Le sue invettive, ironiche, taglienti, a volte estreme, ci ricordano che la provocazione può essere uno strumento di pensiero, non solo di polemica.
Bibliografia
Giovanni Papini, Contro Roma, Elliott edizioni
Giovanni Papini, Chiudiamo le scuole!, Luni editrice
Giovanni Papini, Le disgrazie del libro in Italia, Luni editrice
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